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Lunedì 24 Gennaio 2011 12:31

Mostra Aurea Umbria. Una regione dell’Impero nell’era di Costantino.

 

Spello

Palazzo Comunale

28 luglio-9 dicembre 2012

 

 A. Contenuti culturali del Progetto scientifico

Premessa

 

L’Università di Perugia propone l’organizzazione di una grande mostra archeologica sull’Umbria tardo antica, che avrà luogo a Spello dal 31 maggio al 9 dicembre 2012.

Il suo tema centrale risulta tutt’ora inesplorato: le trasformazioni economiche, sociali e culturali, che si verificarono in uno spazio geografico comprensivo dei siti archeologici più significativi dell’Umbria attuale per illustrare le caratteristiche della cultura materiale in questa Regione tra i secoli III-VI, ovvero durante quel periodo in cui il mondo antico subì un processo globale di trasformazione. Le regioni mediterranee, e in particolare quei paesi che componevano l’ampio mosaico dell’Impero romano, videro mutare profondamente le proprie strutture istituzionali mentre cultura e mentalità cambiavano. Come questo processo si sia riflesso nella nostra Regione, come i suoi abitanti abbiano reagito ai mutamenti in atto è un fatto importante, che struttura e condiziona la nostra identità di uomini moderni.

 

 

Finalità culturali

 

Il tema della mostra è espressione di un progetto di ricerca portato avanti da molti anni da un folto gruppo di studiosi dell’Università. Il nucleo di indagine è costituito dai rapporti tra Cristianesimo e Impero. La mostra, infatti, è parte integrante di un convegno internazionale su “Costantino prima e dopo Costantino”, organizzato dai Professori Giorgio Bonamente e Rita Lizzi Testa; dal 27 al 30 aprile 2011, per indagare le implicazioni politiche, istituzionali e religiose della ‘svolta costantiniana’.

Al fine di ridisegnare i contorni del sincretismo religioso dell’epoca, dell’evoluzione e dei cambiamenti che intervennero nel sistema religioso tradizionale, prima e dopo Costantino, offriamo con la mostra una presentazione della cultura materiale, archeologica e visuale dell’Umbria. I materiali archeologici, che testimoniano i cambiamenti o le persistenze di pratiche religiose e figurative, di strutture sociali ed economiche, fanno emergere con l’evidenza forte degli oggetti, i modi in cui i processi globali si riflettano nella vita quotidiana, nella sfera pubblica e privata dei centri urbani.

La mostra propone al pubblico i materiali archeologici dispersi nei Musei o conservati nei magazzini del territorio umbro. Oltre agli oggetti singoli, estrapolati dai loro contesti nel corso dei secoli per essere conservati e tramandati, collezionati e a volte nascosti, la nostra esposizione facendo il punto sull’indagine odierna dell’indagine sugli insediamenti, offre una analisi dei modi abitativi di élites e ceti subalterni, che popolavano città e campagne dell’Umbria: un’indagine che per certi ambiti territoriali si auspica di poter riprendere, aggiornare e sviluppare, perché densa di prospettive per l’archeologia e la storia dell’Umbria.

Ricomposto per la prima volta in un unico contesto, questo ricco patrimonio di sculture, mosaici, iscrizioni, prodotto nei secoli III -VI secolo d.C., illumina un tema che svolge nel mondo odierno un ruolo politico essenziale: quello della tolleranza religiosa e delle trasformazioni culturali, dei sincretismi e delle commistioni, nelle religioni e nelle pratiche sociali.

La ricostruzione dei luoghi di culto, degli spazi funerari, come necropoli e cimiteri, degli ambiti dell’otium e dell’attività politica, come terme, fori, etc. permette di valorizzare le peculiarità locali sullo sfondo delle profonde trasformazioni che portarono al passaggio dal mondo classico a quello medievale.

Abbiamo voluto denominare la mostra: «Aurea Umbria». Il nome può racchiudere un triplice significato: da un lato si pone in una sorta di dialogo con la mostra Aurea Roma di qualche anno fa, e vuole con questa citazione dimostrare la vitalità e le peculiarità delle culture regionali e locali rispetto a quella dominante della capitale. Dall’altro lato, “aureus” allude a un’età aurea, all’interno dell’epoca tardo antica, in cui la classe aristocratica riesce a mantenere i suoi stili di vita e il sumptus; inoltre “aureus” è il colore del potere degli imperatori e un simbolo della loro auctoritas: il termine racchiude, secondo la nostra prospettiva, un mondo complesso di interazione tra i modelli di potere e la società che li legittima.

Con questa esposizione di materiali vorremmo infine mostrare come sia possibile superare le dicotomie e le contrapposizioni troppo nette fra i fenomeni della storia, mettendo in discussione, per esempio, l’idea della conflittualità tra pagano e cristiano o le barriere disciplinari tra archeologia post-classica e cristiana. Le nostre sezioni della mostra si propongono di attraversare, verticalmente e orizzontalmente, periodi storici e ideologie, offrendo alla visione il mondo articolato e complesso delle pratiche sociali.

Attraverso un percorso espositivo articolato in tre sezioni principali e alcune sottosezioni, lo spettatore può attraversare un lungo periodo storico, con la visione di materiali che esprimono il mondo articolato e complesso della società tardoantica in Umbria: il potere imperiale, la vita delle aristocrazie, le attività dei ceti subalterni, le mentalità e le strutture culturali dei ceti medi, con idee religiose, riti comunitari e identità civica o ‘di classe’.

 

 

Percorso espositivo

 

Sezione I: Segni e forme della presenza imperiale

 

La mostra si apre con due oggetti emblematici, attorno ai quali ruota la I sezione. La copia dell’iscrizione nota come Rescritto di Spello, rinvenuto nel santuario di Villa Fidelia, e un ritratto di Costantino, frutto della rilavorazione di un più antico ritratto di Augusto, da Bolsena. Entrambi mettono in rilievo la dimensione assunta in una sfera politica locale, nelle due antiche città della Tuscia et Umbria, di cambiamenti politici generali: nel caso specifico della cosiddetta “svolta costantiniana”. Come documento storico il rescritto verrà trattato in tutti i suoi risvolti dagli interventi a lui dedicati durante il convegno, di cui la mostra è parte. Nella mostra sarà dedicato uno spazio alla ricostruzione del santuario, a cura della dott.ssa Dorica Manconi (Soprintendenza Archeologica).

Il ritratto di Bolsena fu rinvenuto nella Basilica cristiana di Volsinii, sorta su una più antica basilica pagana. Bolsena è un sito importante: nel rescritto di Spello, il documento chiave attorno a cui si articola il discorso delle relazioni tra Costantino e le aristocrazie umbre, si evidenziano riti antichi che accomunavano Volsinii e gli Umbri di Spello, e il suo santuario pagano sul quale in epoca costantiniana si instaurò un culto imperiale alla gens flavia.

I capelli di Costantino-Augusto erano forse dorati, come spesso i ritratti in marmo imperiali: a questo proposito ricordiamo i passi della Historia Augusta sulla polvere dorata nei capelli di Lucio Vero, per manifestare un potere carismatico che a partire dall’epoca costantiniana sembra assumere una nuova consistenza mediatica. L’iconografia del Costantino di Bolsena è la stessa adottata nella rilavorazione delle figure imperiali che compaiono nei tondi adrianei dell’Arco di Costantino a Roma: il nostro ritratto si può pensare dunque trasformato nello stesso arco di tempo di costruzione dell’Arco, tra il 28 ottobre 312 (battaglia di Ponte Milvio) e il 25 luglio del 315 d.C. Il carattere peculiare dell’imperium di Costantino, intessuto di richiami alla politica di Augusto, potrebbe essere il sottofondo ideologico che è alle radici della lettura di questo ritratto.

 

Dedicata alla manifestazione visuale delle relazioni tra gli imperatori e le aristocrazie umbre, questa prima sezione della mostra si propone di rappresentare l’interazione tra le scelte politiche imperiali e le reazioni delle locali microstrutture istituzionali. La creazione del consenso si realizza nella intersezione tra la manifestazione di un potere autocratico e le reazioni (di accettazione o rifiuto) dei ceti dominanti: questo processo si manifesta con emergenze monumentali imponenti, come cippi miliari e grandi basi iscritte, accanto a documenti più propriamente iconografici come i ritratti, che ci consentono di vedere come l’imperatore si rappresenta nei suoi rapporti con il popolo, o come il popolo si rappresenta il suo imperatore. Da un luogo pubblico di Otricoli, la Basilica, provengono tre ritratti di Auguste: Giulia Mamaea, moglie di Settimio Severo, Plautilla, moglie di Caracalla e Otacilia Severa moglie di Filippo l’Arabo. Essi testimoniano le solide relazioni tra le aristocrazie locali e la corte imperiale, segno dell’importanza politica di Otricoli nel III secolo d.C. Un ritratto bronzeo da Albacina rivela un’identità controversa e una fattura complessa, forse un riutilizzo, sicuramente un pezzo che richiede uno studio più approfondito. La testa fu rinvenuta lungo le rive del fiume Esino, nel luogo ove era situato l’abitato di Tuficum, piccolo centro della Regio VI augustea, che alcuni studiosi attribuiscono a Treboniano Gallo. L’ipotesi contiene suggestive allusioni al contesto regionale: Treboniano Gallo era forse originario di Perusia e venne ucciso in battaglia ad Interamna.

Accanto ai ritratti, cippi miliari e iscrizioni onorarie disseminate nel territorio della Regio VI, dimostrano come le politiche imperiali si sostanzino di un fitto interscambio tra imperatore ed élites: così la base marmorea con incisa una dedica onoraria per la Victoria Aeterna dell’imperatore Aureliano (Pesaro), o il monumento analogo con dedica al Divo Constantino da Plestia (dalla Chiesa di S. Maria di Pistia), il cippo da Cuccurano con dedica a Costanzo II. La sezione che abbiamo intitolato Segni e forme del potere termina con l’esposizione di un’iscrizione colossale che attesta il restauro delle Terme Taurasie di Spoleto in vari momenti: questo impianto pubblico, nevralgico per la vita urbana come per l’autorappresentazione del potere imperiale, venne preservato fino a Teodorico.

 

 

Sezione II. Società e individui. Rappresentazioni di élites e ceti subalterni.

 

La Sezione II è dedicata alla autorappresentazione delle élites e delle loro pratiche sociali negli spazi pubblici delle città e quelli privati delle domus.

 

2.a Aristocrazie urbane. Volti e onorificenze: ritratti e monumenti onorari, ovvero la rete dei poteri negli spazi pubblici

 

In epoca tardoantica i ritratti di notabili o di membri dell’aristocrazia seguono tendenze diverse. Tendono a volte ad assimilare i ritratti imperiali, oppure presentano tratti individuali marcati, pur conservando tendenze generali: come è evidente nella resa degli occhi, grandi e sporgenti di un ritratto da Gubbio, rilavorato e molto controverso. La tipologia dell’acconciatura rende i ritratti una testimonianza del consenso delle élites, in quanto accettazione dei modi di rappresentazione imperiali. Presentiamo a questo proposito il ritratto femminile da Fossombrone, che raffigura una giovane donna dell’aristocrazia con tratti classicistici tipici dell’epoca costantiniana.

 

Accanto ai ritratti di aristocratici, questa sottosezione ospita basi di statue onorarie dedicate dal popolo o dal senato delle città umbre a correctores, curatores e patroni: come quella eretta a T. Flavius Isidorus, da parte di proprietari, affittuari, negozianti della via strata e dai cultores Herculis.

Probabile base di statua anche quella che porta iscritto il nome del corrector Tusciae Iulius Eubulidas, senatore, governatore della Tuscia, decemviro, prefetto dell’erario di Saturno, una dedica del senato di Interamna Nahars. La gloria di Iulius Eubulidas è espressa anche dalla figurazione che decora la parte superiore della base: due Vittorie sorreggono un clipeo, un motivo che veicola concetti di timè e memoria ufficiale che il monumento era destinato a conferire all’individuo benefattore.

Pratiche comunitarie tipiche della società romana sono rappresentate da oggetti ospitati in questa sezione: come la raffigurazione di ludi circenses nel rilievo di Foligno.

 

 

2.b Domus urbane e suburbane, ville residenziali

 

Uomini eminenti, honorati o possessores trascorrono la vita privata in spazi che sono espressivi del loro status sociale: questo fenomeno è evidente nelle domus aristocratiche che gli scavi archeologici stanno portando alla luce in Umbria. I mosaici che decoravano le domus umbre tra III e IV secolo possono rientrare a pieno titolo in quel modello di “competitive consumption” che definisce il sumptus delle élites tardoantiche e i loro stili di vita all’interno di residenze urbane e ville residenziali extraurbane. Lo status sociale delle élites urbane si esprime nel mondo visuale delle domus: i mosaici da noi individuati rappresentano nei temi e nelle iconografie l’appartenenza delle élites umbre alla koiné culturale mediterranea. Accanto a questa tendenza sovraregionale si evidenziano forme rappresentative locali, strutture conservative e innovazioni.

I mosaici tardoantichi, che riempiono gli spazi in cui si ambienta la vita di aristocrazie urbane e rurali, sono ben rappresentati in Umbria tra il III e il IV secolo. Pavimenti lussuosi decorati con questa tecnica riempiono gli spazi di aule termali, domus e ville. Abbiamo scelto di esporre i più suntuosi, come quello con rappresentazione di thiasos marino della Guastuglia (Gubbio), oppure il mosaico con Europa sul Toro da Fossombrone. Come riduzione dei valori cosmici del mito in una dimensione di un universo privato del dominus possiamo intendere forse la raffigurazione di Aion in un mosaico da una villa residenziale a Sentino, mentre da una villa suburbana in località le Muse (Fabriano) proviene un oggetto rappresentativo della dimensione della vita privata aristocratica: un orlo di vassoio con scena di venatio in terra sigillata africana, prodotto e importato tra il 360 e il 430 d.C.

Accanto ai materiali concretamente presenti, vorremmo produrre per questa, come per le altre sezioni, un corpus documentario che ricostruisca, attraverso pannelli con foto, disegni e testi, tutti gli esemplari non asportabili.

 

 

2.c Cultura materiale: ville e domini rurali, i ceti subalterni, traffici e produzione.

 

In questa sottosezione prendono posto oggetti della cultura materiale che visualizzano le produzioni dei ceti subalterni, i traffici e gli spostamenti delle merci. Per corredare il corpus di oggetti e renderli ‘parlanti’ e fruibili dai visitatori, verranno offerte al pubblico riproduzioni grafiche, fotografiche o plastiche degli impianti di scambio commerciale e produttivi nelle ville periferiche.

 

2.c.1 Produzione: ville e officine

 

La campagna tardoantica in Umbria appare come un campo ancora tutto da esplorare e c’è bisogno di produrre modelli teorici flessibili che possano adeguarsi alle specificità regionali. Indagini condotte in Africa, in Spagna o in Siria hanno dimostrato che esiste una molteplicità di paesaggi e di possibili cause di trasformazione di queste entità regionali; il cambiamento degli stili e la dislocazione degli insediamenti rivelano le profonde trasformazioni delle strutture economiche, testimoniate dalla cultura materiale degli insediamenti rustici tra il III e il V. Alcune recenti tendenze interpretative delle trasformazioni tardoantiche della campagna hanno messo in luce come proprio in questi ambiti di territorio, marginalizzati rispetto ai centri politici del potere, si possano meglio rintracciare persistenze di paganesimo: questo importante filone di indagine resta per l’Umbria solo in una fase embrionale e speriamo di poterne stimolare lo sviluppo con l’esposizione stessa nonché con gli interventi di studiosi italiani e internazionali che parteciperanno alla stesura dei testi del catalogo.

In Umbria, tra III e IV secolo d.C., si distinguono varie ville suburbane, come la villa di Sant’Anna, che noi vorremmo valorizzare esponendo pianta, pannelli e un plastico ricostruttivo.

Le ville rustiche dell’Amerino mostrano che l’Umbria si trova tra II e IV secolo al centro dei traffici commerciali dei prodotti provinciali e ci consentono di comprendere le trasformazioni culturali che conducono alla conversione di strutture produttive, soprattutto tra il V e il VI secolo, in agglomerati la cui natura deve essere in molti casi chiarita: questa evoluzione ci appare esemplificata in tutte le fasi dalla villa di Poggio Gramignano, riutilizzata come necropoli in quest’epoca.

Un impianto produttivo estremamente vitale in Umbria sarà testimoniato dai materiali di Scoppieto, esposti a cura della Prof.ssa Margherita Bergamini.

 

2.c.2 Traffici, viaggi di merci e scambi

 

Traffici e scambi, un’attività che interessa soprattutto le classi medie e i ceti subalterni, sono rappresentati nella mostra dai materiali provenienti da un sito molto raro, la stazione di posta dalla località Salietto di Narni, e da quelli provenienti dal porto di Otricoli.

 

 

Sezione III. Confini fluidi e conflitti di interpretazione dell’immaginario tardoantico. Cultura visuale e pratiche sociali in Umbria tra pagani e cristiani.

 

L’ultima sezione ospita materiali particolarmente importanti soprattutto in relazione al concetto-guida della nostra esposizione. In questo ambito, che vuole illustrare attraverso oggetti concreti la sfera immateriale di credenze e mentalità, si concentrano i conflitti interpretativi della critica moderna sul mondo visuale tardoantico: pratiche religiose, sincretismi e mescolanze, habitus individuali e collettivi, credenze e affermazioni di identità. Emerge da ciò la problematicità nel definire una sfera visuale peculiare del tardoantico. Sono esemplari le pratiche visuali, un luogo privilegiato per esprimere e comunicare credenze e mentalità religiose, dall’imperatore al popolo, dai ceti dirigenti a quelli subalterni. Nell’Umbria tardoantica pagani, Cristiani, iniziati ai riti misterici, indecisi o semiconvertiti rappresentano in concreto gli aspetti sfumati, la “zona grigia” di una società che cambia i suoi contorni ideologici con sovrapposizioni e interferenze. In alcuni culti, come quelli solari e mitraici, testimoniati nella mostra dal rilievo mitraico da Terni o da dediche di varia provenienza al Sol Invictus, come pure nelle pratiche funerarie, la società tardoantica si rispecchia con le sue gerarchie (epigrafe funeraria del vescovo Homobonus) e con tracce della sfera individuale e intima, degli affetti e della vita quotidiana (iscrizione in esametri posta dai genitori per il figlio morto in tenera età da Narni): una sfera dell’habitus diversa da quella dello status rappresentato nella sezione II.

 

Le commistioni e i sincretismi si fanno fitti e stratificati nelle decorazioni dei sarcofagi: S. Rufino venne sepolto in un sarcofago pagano con le figure di Selene ed Endimione, un mito che forse, non solo per il paganesimo aveva chiari simbolismi di rinascita. Il sarcofago è di buona fattura e esprime già di per sé, come manufatto, il valore di una sepoltura aristocratica, di un uomo d’eccezione, come era il santo nella società tardoantica.

 

Nell’elogio funebre di una giovane donna di Carsulae (su un sarcofago da Carsulae, esposto a Spoleto) il mito e la paideia classica giocano un ruolo dominante. L’oggetto in questione, il sarcofago di Ponzia è segnato da un’iscrizione che celebra le virtù femminili classiche:

 

“Quantus amor, mentis probitas quam grata marito,
quam casti mores, quantus et ipse pudor”.

 

Nel sarcofago di Ponzia le Muse, figure polisemiche che nel mondo pagano rappresentavano modelli culturali aristocratici e la distinzione sociale delle élites, si legano alla figura del Cristo “maestro” e “apocalittico” raffigurato nel clipeo centrale. In un sarcofago a lenòs da Carsulae, iconografie ambigue, in bilico tra filosofi e oranti vestite di tunica altocinta e palla, rappresentano esempi di questa fluidità di iconografie e concetti che rendono labili i tentativi di rigide interpretazioni e di contrapposizioni tra immaginario pagano e cristiano.

 

Oggetti vari compongono la sezione di questa mostra, decorati e iscritti, per offrire l’ampio panorama delle credenze e delle mentalità, riflesse nel patrimonio ornamentale di lucerne, iscrizioni, rilievi, sarcofagi, suppellettile. Tra questi oggetti spicca per l’eccezionalità e rarità, un corredo di argenterie, poco noto alla comunità scientifica e al pubblico, ma che rappresenta un prezioso testimone della cristianizzazione e delle sue forme dell’immaginario e delle pratiche di culto. Una famiglia aristocratica cristiana dell’Umbria settentrionale nel VI secolo esprime la sua identità negli esemplari argentei del tesoro di Canoscio, formato da oggetti liturgici donati da una coppia di sposi alla comunità ecclesiastica e poi occultati e rinvenuti nel 1935 a Canoscio. Il vetus argentum di Canoscio porta impressi i nuovi simboli di riconoscimento dei poteri politici dell’élite cristianizzata. Le grandi patene, utilizzate forse nella liturgia, mettevano sotto gli occhi dei fedeli le potenzialità evergetiche di Aurelianus e Felicitas mentre i simboli cristiani producevano nuovi modelli culturali in cui si formava l’identità collettiva dell’élite cristiana.

 

Le strutture culturali evidenziate nella mostra configurano il mondo di immagini di cui vive e si alimenta la società tardoantica. Possiamo dire con Peter Brown, che abbiamo forse trovato con questa mostra “tra le categorie pagano e cristiano, una terra di mezzo, uno spazio mediano, solido, che risplende di luce propria”, che rappresenta la vita dei piccoli grandi uomini di cui erano popolate città e campagne. Ritrovare questi uomini, ricostruire il loro immaginario, i modelli culturali, la vita pubblica e privata e la cultura materiale in l’Umbria, sarà il compito della nostra mostra.

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento Martedì 12 Giugno 2012 15:15