Mostra Aurea Umbria. Una
regione dell’Impero nell’era di Costantino.
Spello
Palazzo
Comunale
28
luglio-9 dicembre 2012
- A. Contenuti culturali
del Progetto scientifico
Premessa
L’Università di Perugia propone
l’organizzazione di una grande mostra archeologica sull’Umbria tardo
antica, che avrà luogo a Spello dal 31 maggio al 9 dicembre 2012.
Il suo tema centrale risulta tutt’ora
inesplorato: le trasformazioni economiche, sociali e culturali, che si
verificarono in uno spazio geografico comprensivo dei siti archeologici
più significativi dell’Umbria attuale per illustrare le caratteristiche
della cultura materiale in questa Regione tra i secoli III-VI, ovvero
durante quel periodo in cui il mondo antico subì un processo globale di
trasformazione. Le regioni mediterranee, e in particolare quei paesi
che componevano l’ampio mosaico dell’Impero romano, videro mutare
profondamente le proprie strutture istituzionali mentre cultura e
mentalità cambiavano. Come questo processo si sia riflesso nella nostra
Regione, come i suoi abitanti abbiano reagito ai mutamenti in atto è un
fatto importante, che struttura e condiziona la nostra identità di
uomini moderni.
Finalità culturali
Il tema della mostra è espressione di un
progetto di ricerca portato avanti da molti anni da un folto gruppo di
studiosi dell’Università. Il nucleo di indagine è costituito dai
rapporti tra Cristianesimo e Impero. La mostra, infatti, è
parte integrante di un convegno internazionale su “Costantino prima e
dopo Costantino”, organizzato dai Professori Giorgio Bonamente e Rita
Lizzi Testa; dal 27 al 30 aprile 2011, per indagare le implicazioni
politiche, istituzionali e religiose della ‘svolta costantiniana’.
Al fine di ridisegnare i contorni del
sincretismo religioso dell’epoca, dell’evoluzione e dei cambiamenti che
intervennero nel sistema religioso tradizionale, prima e dopo
Costantino, offriamo con la mostra una presentazione della cultura
materiale, archeologica e visuale dell’Umbria. I materiali
archeologici, che testimoniano i cambiamenti o le persistenze di
pratiche religiose e figurative, di strutture sociali ed economiche,
fanno emergere con l’evidenza forte degli oggetti, i modi in cui i
processi globali si riflettano nella vita quotidiana, nella sfera
pubblica e privata dei centri urbani.
La mostra propone al pubblico i materiali
archeologici dispersi nei Musei o conservati nei magazzini del
territorio umbro. Oltre agli oggetti singoli, estrapolati dai loro
contesti nel corso dei secoli per essere conservati e tramandati,
collezionati e a volte nascosti, la nostra esposizione facendo il punto
sull’indagine odierna dell’indagine sugli insediamenti, offre una
analisi dei modi abitativi di élites e ceti
subalterni, che popolavano città e campagne dell’Umbria: un’indagine
che per certi ambiti territoriali si auspica di poter riprendere,
aggiornare e sviluppare, perché densa di prospettive per l’archeologia
e la storia dell’Umbria.
Ricomposto per la prima volta in un unico
contesto, questo ricco patrimonio di sculture, mosaici, iscrizioni,
prodotto nei secoli III -VI secolo d.C., illumina un tema che svolge
nel mondo odierno un ruolo politico essenziale: quello della tolleranza
religiosa e delle trasformazioni culturali, dei sincretismi e delle
commistioni, nelle religioni e nelle pratiche sociali.
La ricostruzione dei luoghi di culto, degli
spazi funerari, come necropoli e cimiteri, degli ambiti dell’otium
e dell’attività politica, come terme, fori, etc. permette di
valorizzare le peculiarità locali sullo sfondo delle profonde
trasformazioni che portarono al passaggio dal mondo classico a quello
medievale.
Abbiamo voluto denominare la mostra: «Aurea
Umbria». Il nome può racchiudere un triplice significato: da un lato si
pone in una sorta di dialogo con la mostra Aurea Roma di qualche anno
fa, e vuole con questa citazione dimostrare la vitalità e le
peculiarità delle culture regionali e locali rispetto a quella
dominante della capitale. Dall’altro lato, “aureus” allude a un’età
aurea, all’interno dell’epoca tardo antica, in cui la classe
aristocratica riesce a mantenere i suoi stili di vita e il sumptus;
inoltre “aureus” è il colore del potere degli imperatori e un simbolo
della loro auctoritas: il termine racchiude,
secondo la nostra prospettiva, un mondo complesso di interazione tra i
modelli di potere e la società che li legittima.
Con questa esposizione di materiali vorremmo
infine mostrare come sia possibile superare le dicotomie e le
contrapposizioni troppo nette fra i fenomeni della storia, mettendo in
discussione, per esempio, l’idea della conflittualità tra pagano e
cristiano o le barriere disciplinari tra archeologia post-classica e
cristiana. Le nostre sezioni della mostra si propongono di
attraversare, verticalmente e orizzontalmente, periodi storici e
ideologie, offrendo alla visione il mondo articolato e complesso delle
pratiche sociali.
Attraverso un percorso espositivo articolato
in tre sezioni principali e alcune sottosezioni, lo spettatore può
attraversare un lungo periodo storico, con la visione di materiali che
esprimono il mondo articolato e complesso della società tardoantica in
Umbria: il potere imperiale, la vita delle aristocrazie, le attività
dei ceti subalterni, le mentalità e le strutture culturali dei ceti
medi, con idee religiose, riti comunitari e identità civica o ‘di
classe’.
Percorso espositivo
Sezione I: Segni e forme della presenza
imperiale
La mostra si apre con due oggetti
emblematici, attorno ai quali ruota la I sezione. La copia
dell’iscrizione nota come Rescritto di Spello, rinvenuto nel santuario
di Villa Fidelia, e un ritratto di Costantino, frutto della
rilavorazione di un più antico ritratto di Augusto, da Bolsena.
Entrambi mettono in rilievo la dimensione assunta in una sfera politica
locale, nelle due antiche città della Tuscia et Umbria, di cambiamenti
politici generali: nel caso specifico della cosiddetta “svolta
costantiniana”. Come documento storico il rescritto verrà trattato in
tutti i suoi risvolti dagli interventi a lui dedicati durante il
convegno, di cui la mostra è parte. Nella mostra sarà dedicato uno
spazio alla ricostruzione del santuario, a cura della dott.ssa Dorica
Manconi (Soprintendenza Archeologica).
Il ritratto di Bolsena fu rinvenuto nella
Basilica cristiana di Volsinii, sorta su una più
antica basilica pagana. Bolsena è un sito importante: nel rescritto di
Spello, il documento chiave attorno a cui si articola il discorso delle
relazioni tra Costantino e le aristocrazie umbre, si evidenziano riti
antichi che accomunavano Volsinii e gli Umbri di
Spello, e il suo santuario pagano sul quale in epoca costantiniana si
instaurò un culto imperiale alla gens flavia.
I capelli di Costantino-Augusto erano forse
dorati, come spesso i ritratti in marmo imperiali: a questo proposito
ricordiamo i passi della Historia Augusta sulla
polvere dorata nei capelli di Lucio Vero, per manifestare un potere
carismatico che a partire dall’epoca costantiniana sembra assumere una
nuova consistenza mediatica. L’iconografia del Costantino di Bolsena è
la stessa adottata nella rilavorazione delle figure imperiali che
compaiono nei tondi adrianei dell’Arco di Costantino a Roma: il nostro
ritratto si può pensare dunque trasformato nello stesso arco di tempo
di costruzione dell’Arco, tra il 28 ottobre 312 (battaglia di Ponte
Milvio) e il 25 luglio del 315 d.C. Il carattere peculiare dell’imperium
di Costantino, intessuto di richiami alla politica di Augusto, potrebbe
essere il sottofondo ideologico che è alle radici della litura di
questo ritratto.
Dedicata alla manifestazione visuale delle
relazioni tra gli imperatori e le aristocrazie umbre, questa prima
sezione della mostra si propone di rappresentare l’interazione tra le
scelte politiche imperiali e le reazioni delle locali microstrutture
istituzionali. La creazione del consenso si realizza nella intersezione
tra la manifestazione di un potere autocratico e le reazioni (di
accettazione o rifiuto) dei ceti dominanti: questo processo si
manifesta con emergenze monumentali imponenti, come cippi miliari e
grandi basi iscritte, accanto a documenti più propriamente iconografici
come i ritratti, che ci consentono di vedere come l’imperatore si
rappresenta nei suoi rapporti con il popolo, o come il popolo si
rappresenta il suo imperatore. Da un luogo pubblico di Otricoli, la
Basilica, provengono tre ritratti di Auguste: Giulia Mamaea, moglie di
Settimio Severo, Plautilla, moglie di Caracalla e Otacilia Severa
moglie di Filippo l’Arabo. Essi testimoniano le solide relazioni tra le
aristocrazie locali e la corte imperiale, segno dell’importanza
politica di Otricoli nel III secolo d.C. Un ritratto bronzeo da
Albacina rivela un’identità controversa e una fattura complessa, forse
un riutilizzo, sicuramente un pezzo che richiede uno studio più
approfondito. La testa fu rinvenuta lungo le rive del fiume Esino, nel
luogo ove era situato l’abitato di Tuficum, piccolo
centro della Regio VI augustea, che alcuni studiosi
attribuiscono a Treboniano Gallo. L’ipotesi contiene suggestive
allusioni al contesto regionale: Treboniano Gallo era forse originario
di Perusia e venne ucciso in battaglia ad Interamna.
Accanto ai ritratti, cippi miliari e
iscrizioni onorarie disseminate nel territorio della Regio
VI, dimostrano come le politiche imperiali si sostanzino di un fitto
interscambio tra imperatore ed élites: così la base
marmorea con incisa una dedica onoraria per la Victoria
Aeterna dell’imperatore Aureliano (Pesaro), o il
monumento analogo con dedica al Divo Constantino da Plestia
(dalla Chiesa di S. Maria di Pistia), il cippo da Cuccurano con dedica
a Costanzo II. La sezione che abbiamo intitolato Segni e forme del
potere termina con l’esposizione di un’iscrizione colossale che attesta
il restauro delle Terme Taurasie di Spoleto in vari momenti: questo
impianto pubblico, nevralgico per la vita urbana come per
l’autorappresentazione del potere imperiale, venne preservato fino a
Teodorico.
Sezione II.
Società e individui. Rappresentazioni di élites e
ceti subalterni.
La Sezione II è dedicata alla
autorappresentazione delle élites e delle loro
pratiche sociali negli spazi pubblici delle città e quelli privati
delle domus.
2.a Aristocrazie urbane.
Volti e onorificenze: ritratti e monumenti onorari, ovvero la rete dei
poteri negli spazi pubblici
In epoca tardoantica i ritratti di notabili
o di membri dell’aristocrazia seguono tendenze diverse. Tendono a volte
ad assimilare i ritratti imperiali, oppure presentano tratti
individuali marcati, pur conservando tendenze generali: come è evidente
nella resa degli occhi, grandi e sporgenti di un ritratto da
Gubbio, rilavorato e molto controverso. La tipologia dell’acconciatura
rende i ritratti una testimonianza del consenso delle élites,
in quanto accettazione dei modi di rappresentazione imperiali.
Presentiamo a questo proposito il ritratto femminile da Fossombrone,
che raffigura una giovane donna dell’aristocrazia con tratti
classicistici tipici dell’epoca costantiniana.
Accanto ai ritratti di aristocratici, questa
sottosezione ospita basi di statue onorarie dedicate dal popolo o dal
senato delle città umbre a correctores, curatores
e patroni: come quella eretta a T. Flavius
Isidorus, da parte di proprietari, affittuari, negozianti della via
strata e dai cultores Herculis.
Probabile base di statua anche quella che
porta iscritto il nome del corrector Tusciae Iulius
Eubulidas, senatore, governatore della Tuscia, decemviro, prefetto
dell’erario di Saturno, una dedica del senato di Interamna
Nahars. La gloria di Iulius Eubulidas è espressa anche dalla
figurazione che decora la parte superiore della base: due Vittorie
sorreggono un clipeo, un motivo che veicola concetti di timè
e memoria ufficiale che il monumento era destinato a conferire
all’individuo benefattore.
Pratiche comunitarie tipiche della società
romana sono rappresentate da oggetti ospitati in questa sezione: come
la raffigurazione di ludi circenses nel rilievo di
Foligno.
2.b Domus
urbane e suburbane, ville residenziali
Uomini eminenti, honorati
o possessores trascorrono la vita privata in spazi
che sono espressivi del loro status sociale: questo
fenomeno è evidente nelle domus aristocratiche che
gli scavi archeologici stanno portando alla luce in Umbria. I mosaici
che decoravano le domus umbre tra III e IV secolo
possono rientrare a pieno titolo in quel modello di “competitive
consumption” che definisce il sumptus delle élites
tardoantiche e i loro stili di vita all’interno di residenze urbane e
ville residenziali extraurbane. Lo status sociale
delle élites urbane si esprime nel mondo visuale
delle domus: i mosaici da noi individuati
rappresentano nei temi e nelle iconografie l’appartenenza delle élites
umbre alla koiné culturale mediterranea. Accanto a
questa tendenza sovraregionale si evidenziano forme rappresentative
locali, strutture conservative e innovazioni.
I mosaici tardoantichi, che riempiono gli
spazi in cui si ambienta la vita di aristocrazie urbane e rurali, sono
ben rappresentati in Umbria tra il III e il IV secolo. Pavimenti
lussuosi decorati con questa tecnica riempiono gli spazi di aule
termali, domus e ville. Abbiamo scelto di esporre i
più suntuosi, come quello con rappresentazione di thiasos
marino della Guastuglia (Gubbio), oppure il mosaico con Europa sul Toro
da Fossombrone. Come riduzione dei valori cosmici del mito in una
dimensione di un universo privato del dominus
possiamo intendere forse la raffigurazione di Aion in un mosaico da una
villa residenziale a Sentino, mentre da una villa suburbana in località
le Muse (Fabriano) proviene un oggetto rappresentativo della dimensione
della vita privata aristocratica: un orlo di vassoio con scena di venatio
in terra sigillata africana, prodotto e importato tra il 360 e il 430
d.C.
Accanto ai materiali concretamente presenti,
vorremmo produrre per questa, come per le altre sezioni, un corpus
documentario che ricostruisca, attraverso pannelli con foto, disegni e
testi, tutti gli esemplari non asportabili.
2.c Cultura materiale:
ville e domini rurali, i ceti subalterni, traffici e produzione.
In questa sottosezione prendono posto
oggetti della cultura materiale che visualizzano le produzioni dei ceti
subalterni, i traffici e gli spostamenti delle merci. Per corredare il corpus
di oggetti e renderli ‘parlanti’ e fruibili dai visitatori, verranno
offerte al pubblico riproduzioni grafiche, fotografiche o plastiche
degli impianti di scambio commerciale e produttivi nelle ville
periferiche.
2.c.1 Produzione: ville e officine
La campagna tardoantica in Umbria appare
come un campo ancora tutto da esplorare e c’è bisogno di produrre
modelli teorici flessibili che possano adeguarsi alle specificità
regionali. Indagini condotte in Africa, in Spagna o in Siria hanno
dimostrato che esiste una molteplicità di paesaggi e di possibili cause
di trasformazione di queste entità regionali; il cambiamento degli
stili e la dislocazione degli insediamenti rivelano le profonde
trasformazioni delle strutture economiche, testimoniate dalla cultura
materiale degli insediamenti rustici tra il III e il V. Alcune recenti
tendenze interpretative delle trasformazioni tardoantiche della
campagna hanno messo in luce come proprio in questi ambiti di
territorio, marginalizzati rispetto ai centri politici del potere, si
possano meglio rintracciare persistenze di paganesimo: questo
importante filone di indagine resta per l’Umbria solo in una fase
embrionale e speriamo di poterne stimolare lo sviluppo con
l’esposizione stessa nonché con gli interventi di studiosi italiani e
internazionali che parteciperanno alla stesura dei testi del catalogo.
In Umbria, tra III e IV secolo d.C., si
distinguono varie ville suburbane, come la villa di Sant’Anna, che noi
vorremmo valorizzare esponendo pianta, pannelli e un plastico
ricostruttivo.
Le ville rustiche dell’Amerino mostrano che
l’Umbria si trova tra II e IV secolo al centro dei traffici commerciali
dei prodotti provinciali e ci consentono di comprendere le
trasformazioni culturali che conducono alla conversione di strutture
produttive, soprattutto tra il V e il VI secolo, in agglomerati la cui
natura deve essere in molti casi chiarita: questa evoluzione ci appare
esemplificata in tutte le fasi dalla villa di Poggio Gramignano,
riutilizzata come necropoli in quest’epoca.
Un impianto produttivo estremamente vitale
in Umbria sarà testimoniato dai materiali di Scoppieto, esposti a cura
della Prof.ssa Margherita Bergamini.
2.c.2 Traffici, viaggi di merci e
scambi
Traffici e scambi, un’attività che interessa
soprattutto le classi medie e i ceti subalterni, sono rappresentati
nella mostra dai materiali provenienti da un sito molto raro, la
stazione di posta dalla località Salietto di Narni, e da quelli
provenienti dal porto di Otricoli.
Sezione III. Confini
fluidi e conflitti di interpretazione dell’immaginario tardoantico.
Cultura visuale e pratiche sociali in Umbria tra pagani e cristiani.
L’ultima sezione ospita materiali
particolarmente importanti soprattutto in relazione al concetto-guida
della nostra esposizione. In questo ambito, che vuole illustrare
attraverso oggetti concreti la sfera immateriale di credenze e
mentalità, si concentrano i conflitti interpretativi della critica
moderna sul mondo visuale tardoantico: pratiche religiose, sincretismi
e mescolanze, habitus individuali e collettivi,
credenze e affermazioni di identità. Emerge da ciò la problematicità
nel definire una sfera visuale peculiare del tardoantico. Sono
esemplari le pratiche visuali, un luogo privilegiato per esprimere e
comunicare credenze e mentalità religiose, dall’imperatore al popolo,
dai ceti dirigenti a quelli subalterni. Nell’Umbria tardoantica pagani,
Cristiani, iniziati ai riti misterici, indecisi o semiconvertiti
rappresentano in concreto gli aspetti sfumati, la “zona grigia” di una
società che cambia i suoi contorni ideologici con sovrapposizioni e
interferenze. In alcuni culti, come quelli solari e mitraici,
testimoniati nella mostra dal rilievo mitraico da Terni o da dediche di
varia provenienza al Sol Invictus, come pure nelle pratiche funerarie,
la società tardoantica si rispecchia con le sue gerarchie (epigrafe
funeraria del vescovo Homobonus) e con tracce della sfera individuale e
intima, degli affetti e della vita quotidiana (iscrizione in esametri
posta dai genitori per il figlio morto in tenera età da Narni): una
sfera dell’habitus diversa da quella dello status
rappresentato nella sezione II.
Le commistioni e i sincretismi si fanno
fitti e stratificati nelle decorazioni dei sarcofagi: S. Rufino venne
sepolto in un sarcofago pagano con le figure di Selene ed Endimione, un
mito che forse, non solo per il paganesimo aveva chiari simbolismi di
rinascita. Il sarcofago è di buona fattura e esprime già di per sé,
come manufatto, il valore di una sepoltura aristocratica, di un uomo
d’eccezione, come era il santo nella società tardoantica.
Nell’elogio funebre di una giovane donna di Carsulae
(su un sarcofago da Carsulae, esposto a Spoleto) il
mito e la paideia classica giocano un ruolo
dominante. L’oggetto in questione, il sarcofago di Ponzia è segnato da
un’iscrizione che celebra le virtù femminili classiche:
…”Quantus amor, mentis probitas quam grata
marito,
quam casti mores, quantus et ipse pudor …”.
Nel sarcofago di Ponzia le Muse, figure
polisemiche che nel mondo pagano rappresentavano modelli culturali
aristocratici e la distinzione sociale delle élites,
si legano alla figura del Cristo “maestro” e “apocalittico” raffigurato
nel clipeo centrale. In un sarcofago a lenòs da Carsulae,
iconografie ambigue, in bilico tra filosofi e oranti vestite di tunica
altocinta e palla, rappresentano esempi di questa
fluidità di iconografie e concetti che rendono labili i tentativi di
rigide interpretazioni e di contrapposizioni tra immaginario pagano e
cristiano.
Oggetti vari compongono la sezione di questa
mostra, decorati e iscritti, per offrire l’ampio panorama delle
credenze e delle mentalità, riflesse nel patrimonio ornamentale di
lucerne, iscrizioni, rilievi, sarcofagi, suppellettile. Tra questi
oggetti spicca per l’eccezionalità e rarità, un corredo di argenterie,
poco noto alla comunità scientifica e al pubblico, ma che rappresenta
un prezioso testimone della cristianizzazione e delle sue forme
dell’immaginario e delle pratiche di culto. Una famiglia aristocratica
cristiana dell’Umbria settentrionale nel VI secolo esprime la sua
identità negli esemplari argentei del tesoro di Canoscio, formato da
oggetti liturgici donati da una coppia di sposi alla comunità
ecclesiastica e poi occultati e rinvenuti nel 1935 a Canoscio. Il vetus
argentum di Canoscio porta impressi i nuovi simboli di
riconoscimento dei poteri politici dell’élite
cristianizzata. Le grandi patene, utilizzate forse nella liturgia,
mettevano sotto gli occhi dei fedeli le potenzialità evergetiche di
Aurelianus e Felicitas mentre i simboli cristiani producevano nuovi
modelli culturali in cui si formava l’identità collettiva dell’élite
cristiana.
Le strutture culturali evidenziate nella
mostra configurano il mondo di immagini di cui vive e si alimenta la
società tardoantica. Possiamo dire con Peter Brown, che abbiamo forse
trovato con questa mostra “tra le categorie pagano e cristiano, una
terra di mezzo, uno spazio mediano, solido, che risplende di luce
propria”, che rappresenta la vita dei piccoli grandi uomini di cui
erano popolate città e campagne. Ritrovare questi uomini, ricostruire
il loro immaginario, i modelli culturali, la vita pubblica e privata e
la cultura materiale in l’Umbria, sarà il compito della nostra mostra.
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